La Perla del Baltico, Riga. (LV)
- ulisse28mi
- 20 feb 2022
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 25 ago 2022
Vidi Riga la prima volta di notte, in macchina, nel tragitto dall'aeroporto alla mia stanza in Miera Iela. Ho immagini sfocate della città: la silhouette di un ponte e il fiume, nient'altro.
Al risveglio, ho voluto immediatamente esplorare le vie cittadine, ma senza pormi una particolare meta da raggiungere, sapevo soltanto che, prima o poi, mi sarei trovato davanti al fiume Daugava, l'emblema distintivo del panorama cittadino. Camminando, mi accorsi subito che la città non ha una struttura architettonica ed urbana fissa, ma è un mosaico di spunti estetici tratti dall'influenza sovietica, tedesca e scandinava.
Se dovessi descrivere le strade ed edifici di Riga con una parola, penso che essa debba essere "Sublime Oblio". I miei occhi restavano incollati, affascinati, alle tele decorative dei grandi palazzi, testimoni preziosi di un passato fiero, ma turbato e spartito con il sangue dalle brame espansionistiche delle potenze europee.
Riga, infatti, è stata vittima di numerosi atti di devastazione e conquista, dalla sua fondazione nell'Alto Medioevo, passando per i bombardamenti subiti durante le due Guerre Mondiali, che hanno raso al suolo gran parte dell'attuale centro storico, fino all'oppressione e caduta dell'USSR nel 1991. Una storia di distruzione e rinascita che produce oggi quell'aurea tangibile di serena e vibrante stabilità, quella corsa al progresso e alla modernità, apparentemente libera e indipendente, che cede, tuttavia, ogni giorno, ai compromessi della industrializzazione e globalizzazione, influenzati, nel caso della Lettonia, prevalentemente dalle politiche economiche russe.
Già durante il mio primo giorno percepii questo sentore di calma fittizia, ma ebbi modo di confermarlo solo grazie alla interazione prolungata con la gente del luogo e sperimentando in prima persona la quotidiana realtà lavorativa lettone.
Dal punto di vista naturalistico e climatico, soprattutto lungo le sponde della Daugava, Riga offre uno spettacolo incredibile dell'abbraccio tra uomo e natura: immagina una lunga striscia blu, ora vasta e inesorabile, increspata da piccole onde schiumate, ora statica e muta, immobile nel suo splendido candore glaciale, che riflette gli umori del cielo maculato, bianco e celeste, dipinto dal soffio dei venti boreali. Il tutto, infine, viene incorniciato dalle sagome gugliate delle chiese, castelli e grattacieli cittadini e cinto dalle lunghe braccia meccaniche dei ponti che si stendono direttamente sul corso del fiume.
L'instabilità del meteo di Riga è davvero sorprendente; ho questo ricordo vivido di me, fermo a un semaforo, sotto il sole; e di come, attraversando la strada, venni colpito da chicchi di grandine grossi come monete da due euro, per poi ridiventare soleggiato a pochi passi dal marciapiede.
In quel preciso instante, intontito dalla veemenza degli elementi climatici, ma sorridente, si instaurò in me un fascino autentico e profondo per la città e le sue strade, eterni palcoscenici di storie e vite umane.
Nel corso di questo articolo racconterò la mia permanenza a Riga, durata circa otto mesi e svoltasi nell' arco di tre stagioni, soffermandomi sui luoghi che hanno non solo caratterizzato la mia produzione fotografica e artistica, ma dove, soprattutto, ho lasciato il mio cuore.
Miera Iela e dintorni
Il centro della mia vita cittadina è Miera Iela, "la Via della Pace". Una via parallela alla lunga e trafficata Brivibas Iela, ad una ventina di minuti a piedi dalla Città Vecchia.
Qui, i residenti e le attività della via appartengono spesso alla cultura hipster o aderiscono a progetti artistici e solidali: un angolo sicuro dove esprimere la propria creatività in tranquillità, al riparo dai ritmi frenetici della metropoli.
Ricordo con affetto i duelli di palle di neve in mezzo alla strada, la mattina di Natale e i sorrisi delle persone che, durante le prime giornate primaverili, leggevano e si godevano il sole sul marciapiede, sedute su sedie e poltroncine portate da casa.
Miera Iela ospitava edifici storici come la fabbrica di cioccolato Laima, demolita alla fine dello scorso anno, e il centro culturale Repeat Tallinas, promotore di mostre, mercatini, festival e concerti. Ai quali, purtroppo, ho avuto modo di assistere solo parzialmente, a causa del lungo stop provocato dalla pandemia.
Gran parte della mia produzione fotografica e delle mie amicizie è nata lungo i marciapiedi di Miera Iela; Non posso che ringraziare con ammirazione i luminosi abitanti della Pace.
Percorrendo tutta Brivibas Iela si arriva alla Piazza dell' Indipendenza dove Milda, la statua della libertà, apre i cancelli della città vecchia, centro cittadino e polo delle attività turistiche e commerciali.
L' atmosfera che si respira camminando tra i vicoli medievali è sicuramente suggestiva: ci sono musei, botteghe antiche, chiese e, ovviamente, una marea di turisti. Per questo motivo, dunque, considero l'Old Town una tappa consigliata, ma non necessaria per vivere un'esperienza autentica della cultura lettone.
Le immagini più belle dell'inverno sono quelle che immortalano le persone e i bambini mentre si divertono nella neve, scivolando con gli slittini nei giardini pubblici vicino alla statua della Libertà, per poi confondersi, tra le risate, con le scintillanti decorazioni natalizie. Assolutamente indimenticabili, infine, le passeggiate dopo il tramonto tra le bianche vie innevate, dolcemente illuminate dai lampioni, ascoltando le melodie dei menestrelli di strada e sorseggiando cioccolata calda. Una graziosa fiaba di Natale diventata realtà, ma, alla lunga, stucchevole.
Ziedoņdārzs, il parco vicino a casa
Sono molto legato a questo luogo, perché mi ha accompagnato negli ultimi giorni della mia avventura in Lettonia. Con le temperature in aumento, infatti, mi rifugiavo spesso lì per provare a realizzare che il viaggio stava per concludersi, che avrei dovuto presto dire addio alla città e a un capitolo importante della mia vita.
Un giardino bellissimo, un'oasi verde che spunta, come d'incanto, tra il frenetico caos cittadino. Ricordo, in particolare, una panchina davanti ad una fontana, dove molta gente si metteva a leggere e ad ascoltare la musica, godendosi il tanto atteso torpore primaverile, dopo il lungo e gelido inverno.
In quel momento mi sentivo davvero in armonia con gli altri, c'era la percezione di una pace generale, spartita e suggellata da tutti, con cenni d'intesa, saluti e sorrisi.
In realtà, tutto il quartiere intorno al parco ospita località pittoresche, come mercatini e bancarelle, dove è possibile assaggiare i cibi tipici a prezzi stracciati, campi sportivi, piste di bmx, rampe per lo skateboard e, soprattutto, schiere variopinte di casette in legno che colorano e rallegrano l'elaborato paesaggio urbano.
Considero Riga una città sicura, anche se, come nella maggioranza delle grandi metropoli, bisogna fare particolare attenzione alla zona intorno ad Origo, il centro commerciale della stazione ferroviaria principale, e al Central Market cittadino.
Tutta la tensione accumulata dal quartiere esplose una mattina di aprile quando, mentre stavo andando a prendere il treno, venni bloccato da uno scenario quasi apocalittico: la via, infatti, era stata sbarrata dai vigili del fuoco e dalle forze dell'ordine perché l'ultimo piano di un palazzo, a pochi metri dalla stazione, era andato a fuoco e non era rimasta che una spaventosa chiazza nera, un monito spettrale di qualche azione criminale.
L'ambiente del luogo mostra una realtà cruda, ma non per questo meno interessante. Una volta, per esempio, con grande stupore dei passanti, vidi un mendicante vendere uova fresche circondato da almeno dieci galline sparse sul marciapiede a piede libero; negli ultimi anni, inoltre, si sono attivate cooperative di volontari per riabilitare il quartiere con progetti solidali e dare una nuova vita alle strutture e ai residenti. Un segno importante di riscatto sociale e culturale che lascia ben sperare per il futuro.
Le sponde della Daugava
Lungo il fiume ho avuto modo di conoscere, per la prima volta, la realtà giovanile di Riga.
In un soleggiato pomeriggio di marzo, mentre mi trovavo nei pressi di una rampa per skateboard, dei bikers si avvicinano a me e iniziano a fare tricks con le bici, saltando diversi metri sopra dei blocchi di cemento, e a stare in equilibrio su ringhiere di acciaio. Incuriosito inizio a parlargli e mi raccontano che i giovani lettoni sono grandi amanti della natura ed eccellono, specialmente, in sport come la bmx, il pattinaggio e lo sci. A causa del clima nordico, infatti, sono abituati sin da bambini a sfruttare al massimo le occasioni per giocare ed allenarsi all'aperto perché sanno che il buio e lungo inverno li obbligherà, ad eccezione dello sci, a stare al chiuso in casa la maggior parte del tempo.
Dopo averli salutati e scattato qualche foto, mi dirigo verso il ponte per raggiungere l'altra sponda della Daugava, un confine da me sempre considerato invalicabile.
Credevo, infatti, che la città sarebbe finita e che mi sarei perso in qualche complesso industriale. Invece mi sbagliavo, dall'altro lato, infatti, si vede un panorama meraviglioso dello skyline della Città Vecchia e poi, addentrandosi nell'entroterra, si scoprono tanti diversi scenari urbani tra cui, il più interessante, quello del Parco della Vittoria. Un enorme monumento costruito dai russi dopo la Seconda Guerra Mondiale che suscita ancora oggi grande tensione e atti di rivendicazione tra i cittadini russi e lettoni di Riga.
Giunsi qui la prima volta perché volevo scegliere una meta nuova per la mia sessione di jogging. Vidi su google maps un enorme spazio verde, così lo confermai senza troppe questioni come traguardo finale.
Il parco si trova a circa sei km da casa. Lungo il tragitto si incontrano scenari urbani molto differenti: la fine di Miera Iela, poi, costeggiando la linea tramviaria, si superano orti, giardini, cimiteri e si entra nella grigia zona industriale, grandi capannoni, cisterne arrugginite e una lunga fila sterminata di condominii sovietici. Insomma, una desolante gita nel fango, necessaria però per raggiungere il posto più affascinante e magico della città: Mezaparks.
L'ingresso del parco sembra fermo nel tempo, una preziosa cartolina d'epoca ottocentesca: un grande e rigoglioso viale alberato delimita il pittoresco zoo cittadino, mentre l'antico e meraviglioso bosco ospita al suo interno l'anfiteatro a cielo aperto e numerose opere d'arte sparse tra gli alberi. Infine, terminato il sentiero principale, sulla destra, percorrendo un vialetto secondario, il paradiso.
Ricordo ancora la mia corsa mentre osservo con meraviglia l'ambiente circostante, per poi, da lontano, scorgere qualcosa di immenso, piatto, bianco, infinito. I miei passi aumentano, i battiti del cuore si moltiplicano, accelero, accelero, voglio capire cosa si intravede dietro agli alberi, poi stop; silenzio. Gli occhi si riempiono di meraviglia e lasciano spazio all'immaginazione che solo la vista di un grande lago ghiacciato, luccicante sotto i raggi del sole invernale, può regalare.
L'emozione suscitata da quel panorama mozzafiato è ancora molto intensa in me. Una sensazione di pace, di aver realizzato qualcosa di importante, di essere arrivato.
Ricomincio a respirare, mi incammino verso il grazioso molo di legno e mi siedo in fondo, su una panchina, ad ammirare le meraviglie della Terra.
Riga, Perla del Baltico
Per concludere, Riga non è un involucro vuoto di strade e cemento, bensì un vero e proprio organismo vivente. Come si può osservare nella mia produzione fotografica, infatti, la città cambia radicalmente aspetto e forma a seconda del periodo e del clima, vive e si trasforma con i suoi abitanti, sfidando a testa alta gli elementi della Natura.
Riga non è immobile, statica, ma si adatta, si evolve, muore e rinasce in epoche storiche differenti, ogni volta con nuovi costumi e tradizioni. Riga non è stagnante, chiusa, limitata da strutture socioculturali fisse, Riga è paradosso, contrasto. Riga è la luce, il ghiaccio, è la grande Daugava che collega, che unisce, che unifica, nel suo scorrere inesorabile tutta la Lettonia e, gettandosi nel Mar Baltico, si apre al Mondo.
Liels paldies, manas mīļās mājas.
Leonardo Calò
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